Itinerario Val Serenaia 1068 m - sent. 178 - Bivio sent. 180 1300 m c. - Foce a Nord del Pizzo Altare 1659 m - Bivacco sotto la parete del Pizzo Altare - Bivio sent. 180 1300 m c. - sent. 178 - Val Serenaia 1068 m
Difficoltà EE: dalla base del Pizzo Altare alla Foce a N del Pizzo Altare; E: il resto
Dislivelli salita: 591 m; discesa: 591 m
Ore effettive Val Serenaia - Bivio sent. 180: 1h 00';
Bivio sent. 180 - Base Pizzo Altare: 1h 00';
Base Pizzo Altare - Foce a N del Pizzo Altare: 0h 20';
Foce a N del Pizzo Altare - Bivacco: 0h 15';
Bivacco - Bivio sent. 180: 0h 50';
Bivio sent. 180 - Val Serenaia: 0h 40'
Periodo migliore Maggio - Ottobre
Partecipanti Giuseppe, Mirto
Siamo stati il 05 Agosto 2004

 

Il Pizzo Altare è una delle elevazioni principali della cresta che unisce il M. Cavallo al M. Pisanino. Tale cresta prende il nome di Zucchi di Cardeto o Forbici, per l’aspetto seghettato delle cime che la compongono. Dalla Foce di Cardeto alla Foce Altare si incontrano, nell’ordine, Pizzo Altare, Pizzo di Mezzo, Pizzo Maggiore ed un marcato torrione senza nome.

Tutta la cresta ripete la morfologia di Cavallo e Pisanino, presentando cioè scivolose rocce scistose ricoperte qua e là da erba: il tipico terreno apuano, che va saputo affrontare con l’attrezzatura adatta e la dovuta preparazione.

 

L’itinerario ha inizio dalla Val Serenaia (1068 m), presso il parcheggio posto in corrispondenza del tornante a destra. Una staccionata in legno delimita un percorso per disabili che si svolge lungo il fondovalle, con zone per pic-nic. Un ponticello in legno attraversa il greto del torrente di solito asciutto: il sent. n° 178 prosegue nei pressi dell’impluvio, a destra di una radura con una casa, e lo valica poco oltre, volgendo a destra e salendo decisamente nella faggeta.

Si percorre una sorta di valletta, con grossi massi sparsi sulla sinistra. Presso alcuni grandi roccioni squadrati è stato ricavato dai pastori di un tempo un bivacco di fortuna con recinto in pietra per gli animali.

Il sentiero sale quindi traversando verso destra e, raggiunto un costone, piega a sinistra continuando nel bosco. A circa 1300 m di quota si innesta da destra il sent. n° 180 (proveniente dalla marmifera poco prima dell’ex Rif. Donegani). Da qui in avanti il percorso si fa più interessante, dato che alcune schiarite tra gli alberi via via sempre maggiori consentono di vedere le cime circostanti. Il terreno, però, diventa più accidentato, con molte rocce affioranti: in qualche punto la traccia non è molto evidente ed il segnavia rado, così bisogna fare leva sul proprio spirito di osservazione per fissare nella mente i punti caratteristici che al ritorno saranno preziosi per individuare la via.

Ormai vicino alla frastagliata cresta degli Zucchi di Cardeto (o Forbici), si esce definitivamente allo scoperto tra radure ed ampie zone occupate da fitti lamponi. Alcuni grandi massi tabulari di roccia metamorfica rendono l’ambiente interessante. Giunti alla base (1570 m c.) del ripido canale che ha origine dalla foce a Nord del Pizzo Altare, si lascia il sentiero (che in breve conduce alla Foce di Cardeto, 1642 m) per salire lungo il canale stesso.

Il terreno è molto ripido e accidentato, in prevalenza erboso ma con qualche roccia affiorante. Passata a destra una rientranza della parete del Pizzo Altare (che al ritorno servirà da provvidenziale riparo…), si aggirano alcune lastre di roccia e si perviene al piccolo intaglio (1659 m) che separa il Pizzo Altare (1747 m) dal Pizzo di Mezzo (1741 m). Sull’altro versante il canale d’accesso appare agevole, anche se ripido.

Il Pizzo Altare si presenta piuttosto arcigno, dato che ad Ovest scoscende con ripide lastronate friabili, mentre ad Est si alza come parete. Dalla foce la via più semplice è salire verso destra, sfruttando piccole cenge erbose, guadagnare circa 10 metri e quindi portarsi sulla cresta erbosa, spiovente come il tetto di una chiesa gotica.

A questo punto, dopo avere già preso dallo zaino la corda, ci siamo consultati sul da farsi in quanto il tempo, che durante l’avvicinamento era stato bello e caldo, era decisamente peggiorato e non prometteva nulla di buono. In breve abbiamo realizzato che, andando avanti, avremmo corso il rischio di trovarci in grossa difficoltà in caso di pioggia (il terreno è già infido se asciutto…) o in grave pericolo in caso di temporale, su una cresta affilata senza possibilità di riparo o veloce ripiego.

Pertanto senza indugio abbiamo iniziato a scendere per il canale dell’andata. A metà strada il rumore della pioggia sugli alberi del M. Contrario ha annunciato l’imminente peggioramento, che ci ha colto poco prima della rientranza della parete del Pizzo Altare.

Al riparo della parete aggettante, ci siamo sistemati per attendere la fine della pioggia, ma invece di durare poco il fenomeno si è intensificato assai (con corredo di tuoni, fulmini, grandine e colpi di vento gelato). Con nostra meraviglia e sgomento il bonevole canale erboso si è trasformato in un batter d'occhio in un torrente impetuoso e invalicabile. La furia delle acque trascinava con sé anche dei bei sassi. Da buon ingegnere ho detto a Giuseppe: " Siamo a rischio idraulico! ".

Allontanati da noi tutti gli oggetti metallici (la solita ferraglia, ma anche occhiali e orologi), ci siamo accovacciati seduti sulla corda in attesa degli eventi. Il livello dell'acqua saliva e scendeva con una velocità impressionante, seguendo fedelmente l'intensità degli scrosci di pioggia.

Dopo 2 ore e 30' di attesa, sembrava che tutto finisse: qualche raggio di sole (che metteva in risalto le montagne ricoperte dalla grandine: Passo delle Pecore, Forbice, Grondìlice, Cresta Garnerone), un fulmine ritardatario caduto a qualche centinaia di metri da noi, in mezzo alla valle, il livello del torrente quasi nullo, la pioggia meno insistente anche se sempre presente.

Il fatto è che si sono sentiti altri tuoni in avvicinamento! In questo momento di apparente stasi Giuseppe ha sentito una vocina che gli suggeriva di andar via, e così abbiamo fatto. Via subito dal canale, dragato dalle acque, e giù per il (ahimè viscido!) sentiero n° 178. Altri tuoni, altri lampi (uno, orizzontale, ha accarezzato le creste sopra di noi), spettacolo invero affascinante ma anche rischioso. Incuranti della pioggia e della grandine che ormai ricopriva il terreno con uno spessore variabile dai 5 ai 15 cm, siamo scesi per il sentiero dell'andata (n° 178).

Sentiero apuano, naturalmente. Infatti abbiamo sbagliato via 4 - 5 volte a testa, deviando dalla giusta via per pochi metri, a causa della visibilità scarsa, della fretta, della condensa sugli occhiali. I (pochi) segni nel bosco, su terreno accidentato, hanno aiutato. Ma di aiuto è stata soprattutto la memoria che durante la salita ha registrato molti punti caratteristici (il grande faggio, il posto dei funghi, i mirtilli...).

Bagnati fino alle ossa infine siamo giunti di nuovo alla fedele autovettura, non senza aver notato con meraviglia ma anche qualche brivido i segni che la piena del ruscello (di nuovo quasi asciutto!) aveva lasciato poco prima.

 


 

01 - Ricovero naturale nei pressi del sentiero 178.jpg 02 - M. Contrario dalle pendici del Pizzo Altare.jpg 03 - M. Cavallo, cima Settentrionale, dalle pendici del Pizzo Altare.jpg 04 - Imperversa la tempesta.jpg 05 - Inizia a scorrere acqua nel canale.jpg 06 - Da buon ingegnere, Mirto inizia a temere di essere a rischio idraulico.jpg 07 - Cascatelle d'acqua scendono dal Pizzo Altare.jpg 08 - Un velo di grandine ricopre le montagne.jpg 09 - Mucchietto di grandine accumulato dall'acqua.jpg 10 - In attesa del momento propizio per fuggire a valle.jpg 11 - Giuseppe controlla il canale un'altra volta e decide che bisogna scendere ora.jpg 12 - La parete del Pizzo Altare sgronda ancora.jpg Mappa_Pizzo_Altare__tentativo_.jpg