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Itinerario Strada marmifera Gorfigliano/Cava Fanaccia 766 m - Pianellaccio - Catinelli (Sella M. Castri) - Costone - Dolina 1175 m - Ruderi 1324 m - Versante NO M. Mirandola - Cresta SO M. Mirandola - M. Mirandola 1565 m - Cresta NE M. Mirandola - Sella tra M. Mirandola e M. Calamaio 1005 m - M. Calamaio 1041 m - Strada marmifera Gorfigliano/Cava Fanaccia 766 m
Difficoltà EE le creste del M. Mirandola, infido ed esposto; E il resto
Dislivelli salita: 881 m; discesa: 881 m
Ore effettive Strada Marmifera - Catinelli: 0h 40';
Catinelli - Ruderi 1324 m: 1h 30';
Ruderi 1324 m - M. Mirandola: 1h 00';
M. Mirandola - Sella M. Calamaio: 1h 30';
Sella M. Calamaio - M. Calamaio: 0h 15';
M. Calamaio - Strada Marmifera: 0h 40'
Periodo migliore Maggio - Ottobre
Partecipanti Giuseppe, Mirto
Siamo stati il 11 Luglio 2004

 

Il M. Mirandola e il M. Calamaio fanno parte della cresta che dal M. Pisanino scende in direzione Nord-Est in direzione del Lago di Gramolazzo. L’ambiente è molto interessante, poco frequentato e ci si trova sempre al cospetto del maestoso versante settentrionale del M. Pisanino, veramente imponente, dove la neve riesce a persistere fino all’estate.

 

Salita

L’itinerario ha inizio dalla strada marmifera Gorfigliano – Cava Fanaccia, presso un tornante (766 m). Per giungere fin qui occorre, da Gramolazzo, dirigersi verso la chiesa di Gorfigliano (ben visibile anche dal fondovalle) e verso quota 665 circa deviare sulla sinistra per seguire una strada sterrata un po’ dissestata, lasciando l’auto al secondo tornante (curva a destra).

Si prosegue a piedi lungo la strada, in leggera salita nel bosco. Le prime tracce di sentiero che si notano sulla sinistra, dopo pochi minuti, sembrano di scarsa importanza ed invece proprio da qui si scenderà dal M. Calamaio, al ritorno.

La carrareccia aggira il M. Calamaio, scendendo qualche metro quando giunge in località Pianellaccio: la morfologia del terreno fa presumere ad una torbiera, mentre un dosso posto trasversalmente rispetto alla valle sembra essere una vecchia morena deposta dal ghiacciaio che migliaia di anni or sono scendeva dal M. Pisanino.

Nuovamente con moderata salita, si giunge pochi metri sopra alla Sella del M. Castri (quotata m. 954; località Catinelli), piccolo monte (1019 m) ma interessante per il panorama sulla valle. Bisogna ora abbandonare la strada non appena possibile, salendo a vista nel bosco fitto che ha il pregio di non avere, in questo punto, sottobosco. In prossimità del marcato crinale (è quello posto tra la cresta Nord-Est del M. Pisanino e la cresta Nord-Nord-Ovest) la vegetazione si fa più invadente, ma seguendo una debole traccia ci si porta sul versante Est dove prevale l’erba.

La traccia risale un tratto erboso piuttosto ripido con qualche roccia affiorante, quindi entra nella faggeta. Ci si mantiene sempre lungo la displuviale, trovando dopo una lieve sommità un’ampia sella con un grande ometto di pietre; poco più avanti ci si imbatte in una grandiosa dolina, profonda una decina di metri (il suo fondo si trova a 1175 metri). Prendendo il bordo sinistro della dolina, si sale a vista nel bosco cercando di procedere tendenzialmente verso Sud.

Quando il terreno si fa più roccioso, il bosco perde la sua continuità frammentandosi e si esce allo scoperto, al cospetto del maestoso M. Pisanino. Qualche zona detritica precede un ripiano dove sono situati dei ruderi (1324 m), resti di antichi alpeggi.

La cima del M. Mirandola è ormai prossima e da qui si può studiare il percorso migliore per salirvi. Dalla sella che lo separa dal M. Pisanino (1496 m), si notano due salienze: 1536 m e 1545 m (più marcata). Queste possono essere aggirate alla base agevolmente per tracce, attaccando quindi l’ultima erta che precede la cima del M. Mirandola.

Dai ruderi si continua a vista in direzione del M. Mirandola, trascurando degli ometti che invece inducono a puntare verso la zona carsica sottostante la sella di q. 1496. Salendo su terreno apuano sconnesso ma non difficile ci si porta poco sotto la foce (1520 m circa) che separa la q. 1545 dal M. Mirandola. Conviene da qui seguire le tracce di animali che si mantengono alcuni metri sotto la cresta, sul lato Ovest: il crinale appare friabile.

Le tracce vanno seguite con prudenza, dato che si snodano su un pendio molto ripido, erboso e con rocce affioranti. Un paio di passaggi sfiorano il I grado. Con una svolta a destra si raggiunge la cresta, ora facile, quindi si arriva in vetta al M. Mirandola (1566 m).

Il panorama è molto suggestivo. Senz’altro è questo il punto migliore per osservare il grandioso versante settentrionale del M. Pisanino (1946 m), imponente e maestoso. Interessanti pure le vedute su M. Cavallo (1888 m), M. Tambura (1891 m) e M. Roccandagia (1717 m), mentre verso Nord appare la catena appenninica.

 

Discesa

Dalla cima si continua per la cresta Nord-Est, non difficile ma ripidissima e molto esposta sia a sinistra che a destra. Occorre come sempre attenzione, visto che il terreno in parte erboso e in parte roccioso (e talvolta friabile) risulta pericoloso. Scesi circa 100 metri, la cresta presenta due quote secondarie, la prima poco marcata (1465 m), la seconda (in realtà bifida: punto massimo a 1442 m) preceduta da una sella (1428 m). Quest’ultima punta si raggiunge dapprima salendo a sinistra del culmine, quindi a destra, sfruttando una specie di cengia detritica che passa sopra una scoscesa lastronata (punto molto esposto).

Si continua sempre per la cresta, ben presto ricoperta dal bosco. È possibile scendere sia per il bosco (senza allontanarsi dallo spartiacque) che per il crinale, erboso e sconnesso, con esposizione verso Est. In entrambi i casi occorre perdere circa 300 metri su terreno ripidissimo, prima che la pendenza si attenui concedendo una tregua. La marcia ora risulta agevole, con una traccia che percorre la cresta con qualche saliscendi nel bosco ed uscendone infine in corrispondenza di una fitta macchia di lamponi che, fortunatamente, non costituisce un problema.

Più avanti la traccia si perde tra le erbe: si punta allora verso la Sella del M. Calamaio (1005 m), ormai prossima, aggirando cespugli sparsi e superando da ultimo una fitta macchia di rovi e lamponi che per poco non sbarra del tutto la via.

Dalla Sella del M. Calamaio dovrebbe essere possibile scendere a Gorfigliano per mulattiera (da confermare).

Il M. Calamaio si raggiunge facilmente e brevemente seguendo l’ampio crinale, percorso da una traccia di sentiero tra bassi cespugli e praterie. La cima (1040 m), isolata come il vicino M. Castri, consente di ammirare un panorama molto vasto e suggestivo.

Si continua per la facile cresta Nord del monte, scendendo tra erbe e qualche roccetta affiorante fino ad una poco marcata contropendenza (1012 m). Si piega allora a destra, per scendere sul versante Nord-Ovest su ghiaie fino al termine dei detriti, dove inizia il bosco. Una traccia continua a perdere quota, con qualche svolta, finché non piega decisamente verso destra, passando sotto una piccola fascia rocciosa. Una curva a sinistra, un tratto con rami e cespugli e si sbuca sulla strada marmifera della Gorfigliano – Cava Fanaccia, pochi minuti prima del tornante a q. 766.

 


 

01 - Sosta presso i ruderi, con il M. Mirandola - 11.07.2004.JPG 02 - I ruderi - 11.07.2004.JPG 03 - Verso la cresta SO del M. Mirandola - 11.07.2004.JPG 04 - Giuseppe verso la vetta del M. Mirandola - 11.07.2004.JPG 05 - Giuseppe in vetta, con Roccandagia e Tambura - 11.07.2004.JPG 06 - Mirto in vetta, con il Pisanino - 11.07.2004.JPG 07 - Giuseppe con il Lago di Gramolazzo - 11.07.2004.JPG 08 - Gorfigliano dalla cresta NE del M. Mirandola - 11.07.2004.JPG 09 - Giuseppe sulla cresta con il Lago di Gramolazzo - 11.07.2004.JPG 10 - Mirto si attarda sulla cresta Nord - 11.07.2004.JPG 11 - Ancora Mirto sulla cresta Nord - 11.07.2004.JPG 12 - Mirto sul M. Calamaio - 11.07.2004.JPG Mappa_M._Mirandola.jpg

 

Itinerario Rif. Donegani 1123 m – Serenaia 1060 m c. – Costola ovest Bàgola Bianca – Bàgola Bianca 1806 m - Cresta NNO M. Pisanino – M. Pisanino 1947 m – Canale delle Rose – Foce dell’Altare 1704 m – Buca della Neve – Foce di Cardeto 1642 m – sent. 178 – bivio sent. 180 1350 m c. – sent. 180 – Rif. Donegani 1123 m
Difficoltà EE con un breve tratto di I fino alla Cresta NNO (infido ed esposto); EE - I da qui fino alla Foce di Cardeto (infido ed esposto);
E il resto
Dislivelli salita: 989 m; discesa: 989 m
Ore effettive Rif. Donegani - M. Pisanino: 3h 00';
M. Pisanino - Foce di Cardeto: 1h 00';
Foce di Cardeto - Rif. Donegani: 1h 30'
Periodo migliore Maggio - Ottobre
Partecipanti Giuseppe, Mirto
Siamo stati il 22 Agosto 1998

 

Ascensione impegnativa riservata ad esperti di Apuane, a causa del solito e infido terreno erboso ripido, con roccette friabili e grande esposizione.
La discesa per la via normale non va sottovalutata e richiede passo fermo.
 

Salita

Partenza dall'ampio parcheggio presso il Rif. Donegani 1123 m, in Val Serenaia. Scendendo per terreno prativo si tocca il vicino fondovalle, avendo di fronte l'imponente montagna verso cui si è diretti.

Si inizia a risalire un ampio pendio erboso, di quando in quando con qualche traccia, che via via va restringendosi e aumentando di pendenza. Verso i 1400 m di quota si confluisce sulla cresta che fa da limite sinistro orografico all'ampio invaso denominato della "Bàgola Bianca", il quale ha origine proprio dall'omonima cima. Di fronte, spicca la piramide del Pizzo d'Uccello.

Procedendo lungo il filo, un po' esposto, si aggirano alla meglio alcune fasce rocciose che affiorano dall'erba, dalle forme tipiche della zona e di origine metamorfica. Questo tratto termina su una marcata salienza, quotata 1636 m. Una breve contropendenza e altri 170 m di ripida salita e separano dalla cima della Bàgola Bianca 1806 m.

L'ambiente è senz'altro suggestivo e molto aereo; ciò che impressiona maggiormente è la sagoma piramidale del M. Pisanino che svetta ardito e possente, sorretto da una fuga di ripidi verdi inframezzati da fasce rocciose.

Ben presto ci si rende conto che i luoghi vanno affrontati con estrema prudenza, stante la forte esposizione (specie sulla Val Serenaia, oltre 700 m) e il terreno erboso con roccette friabili.

Un tratto aereo delicato precede il passo decisivo: lungo il filo si devono affrontare alcune roccette friabili, per nulla rassicuranti (I grado). Non è possibile aggirare facilmente l'ostacolo verso sinistra, ovvero Est; è invece possibile, con estrema cautela e prudenza, sfruttare delle tracce nella ripida erba per salire sul lato Val Serenaia (molto esposto! Attenzione! In caso di terreno bagnato è un tratto delicato).

Ora meno difficilmente, si continua per il ripido filo erboso fino a sbucare sulla sommità del M. Pisanino 1947 m, massima elevazione della catena apuana.

 

Discesa

Dalla vetta si segue, con piccoli dislivelli, l'aerea cresta Sud-Est della montagna fino a un colletto: qui si prende sulla destra un ripido canale erboso con qualche roccia, detto Canale delle Rose.

Il sentierino si abbassa di circa 250 m di dislivello, attraversando poi verso sinistra a una selletta erbosa e quindi a una secondo intaglio: la Foce dell'Altare 1704 m.

E' questo il punto di partenza del cosiddetto Tratturo dei Massesi: un tempo itinerario seguito dai pastori per spostarsi con relativa facilità dai versanti marini ai pendii a Nord del Pisanino. Il percorso è di carattere alpinistico, svolgendosi in traversata su espostissimi scivoli erbosi difficilmente proteggibili.

I segni azzurri indicano che dalla Foce dell'Altare occorre proseguire sul versante orientale degli Zucchi di Cardeto, tagliando erti pendii erbosi con rocce scagliose affioranti (attenzione); gradualmente il terreno va migliorando, meno erto e più agevole, fino al bivio con il sentiero Passo della Focolaccia-Foce di Cardeto. Si prosegue verso destra, passando presso un'ampia voragine inclinata: è il luogo della Buca delle Neve, che sul fondo conserva di norma un cumulo di neve tutto l'anno.

La Foce Cardeto 1642 m separa il Pizzo Altare dalla cima Nord del M. Cavallo. Mantenendosi vicino al Pizzo Altare si segue il sent. 178, tra grossi caratteristici massi metamorfici, entrando presto nella faggeta. A circa 1350 m è possibile lasciare questo sentiero, seguendo una buona traccia verso sinistra che in breve si innesta nel sent. 180, il quale termina sulla strada per il Rif. Donegani dove questa è lambita da un grande ravaneto.

In pochi minuti i ritorna al Rif. Donegani.

 


  

01 - Sulle prime rampe della Costola Ovest della Bagola Bianca.jpg 02 - Un tratto affilato della Costola ovest.jpg 03 - Uno sguardo verso valle.jpg 04 - Il Pizzo d'Uccello dalla Bagola Bianca.jpg 05 - Mirto in posa sulla cresta.jpg 06 - Giuseppe percorre l'affilata cresta nord del Pisanino.jpg 07 - Mirto e Giuseppe sulla vetta del M. Pisanino.jpg 08 - Dalla Foce dell'Altare verso il M. Pisanino.jpg 09 - La Buca della Neve.jpg 10 - Giuseppe rinfresca il suo vino rosso con la neve della Buca.jpg 11 - Autunno anticipato per questo faggio a causa della siccita'.jpg 12 - Gli Zucchi di Cardeto, il M. Cavallo e il M. Contrario dalla Val Serenaia.jpg Mappa_M._Pisanino.jpg

 

Itinerario Val Serenaia 1068 m - sent. 178 - Bivio sent. 180 1300 m c. - Foce a Nord del Pizzo Altare 1659 m - Bivacco sotto la parete del Pizzo Altare - Bivio sent. 180 1300 m c. - sent. 178 - Val Serenaia 1068 m
Difficoltà EE: dalla base del Pizzo Altare alla Foce a N del Pizzo Altare; E: il resto
Dislivelli salita: 591 m; discesa: 591 m
Ore effettive Val Serenaia - Bivio sent. 180: 1h 00';
Bivio sent. 180 - Base Pizzo Altare: 1h 00';
Base Pizzo Altare - Foce a N del Pizzo Altare: 0h 20';
Foce a N del Pizzo Altare - Bivacco: 0h 15';
Bivacco - Bivio sent. 180: 0h 50';
Bivio sent. 180 - Val Serenaia: 0h 40'
Periodo migliore Maggio - Ottobre
Partecipanti Giuseppe, Mirto
Siamo stati il 05 Agosto 2004

 

Il Pizzo Altare è una delle elevazioni principali della cresta che unisce il M. Cavallo al M. Pisanino. Tale cresta prende il nome di Zucchi di Cardeto o Forbici, per l’aspetto seghettato delle cime che la compongono. Dalla Foce di Cardeto alla Foce Altare si incontrano, nell’ordine, Pizzo Altare, Pizzo di Mezzo, Pizzo Maggiore ed un marcato torrione senza nome.

Tutta la cresta ripete la morfologia di Cavallo e Pisanino, presentando cioè scivolose rocce scistose ricoperte qua e là da erba: il tipico terreno apuano, che va saputo affrontare con l’attrezzatura adatta e la dovuta preparazione.

 

L’itinerario ha inizio dalla Val Serenaia (1068 m), presso il parcheggio posto in corrispondenza del tornante a destra. Una staccionata in legno delimita un percorso per disabili che si svolge lungo il fondovalle, con zone per pic-nic. Un ponticello in legno attraversa il greto del torrente di solito asciutto: il sent. n° 178 prosegue nei pressi dell’impluvio, a destra di una radura con una casa, e lo valica poco oltre, volgendo a destra e salendo decisamente nella faggeta.

Si percorre una sorta di valletta, con grossi massi sparsi sulla sinistra. Presso alcuni grandi roccioni squadrati è stato ricavato dai pastori di un tempo un bivacco di fortuna con recinto in pietra per gli animali.

Il sentiero sale quindi traversando verso destra e, raggiunto un costone, piega a sinistra continuando nel bosco. A circa 1300 m di quota si innesta da destra il sent. n° 180 (proveniente dalla marmifera poco prima dell’ex Rif. Donegani). Da qui in avanti il percorso si fa più interessante, dato che alcune schiarite tra gli alberi via via sempre maggiori consentono di vedere le cime circostanti. Il terreno, però, diventa più accidentato, con molte rocce affioranti: in qualche punto la traccia non è molto evidente ed il segnavia rado, così bisogna fare leva sul proprio spirito di osservazione per fissare nella mente i punti caratteristici che al ritorno saranno preziosi per individuare la via.

Ormai vicino alla frastagliata cresta degli Zucchi di Cardeto (o Forbici), si esce definitivamente allo scoperto tra radure ed ampie zone occupate da fitti lamponi. Alcuni grandi massi tabulari di roccia metamorfica rendono l’ambiente interessante. Giunti alla base (1570 m c.) del ripido canale che ha origine dalla foce a Nord del Pizzo Altare, si lascia il sentiero (che in breve conduce alla Foce di Cardeto, 1642 m) per salire lungo il canale stesso.

Il terreno è molto ripido e accidentato, in prevalenza erboso ma con qualche roccia affiorante. Passata a destra una rientranza della parete del Pizzo Altare (che al ritorno servirà da provvidenziale riparo…), si aggirano alcune lastre di roccia e si perviene al piccolo intaglio (1659 m) che separa il Pizzo Altare (1747 m) dal Pizzo di Mezzo (1741 m). Sull’altro versante il canale d’accesso appare agevole, anche se ripido.

Il Pizzo Altare si presenta piuttosto arcigno, dato che ad Ovest scoscende con ripide lastronate friabili, mentre ad Est si alza come parete. Dalla foce la via più semplice è salire verso destra, sfruttando piccole cenge erbose, guadagnare circa 10 metri e quindi portarsi sulla cresta erbosa, spiovente come il tetto di una chiesa gotica.

A questo punto, dopo avere già preso dallo zaino la corda, ci siamo consultati sul da farsi in quanto il tempo, che durante l’avvicinamento era stato bello e caldo, era decisamente peggiorato e non prometteva nulla di buono. In breve abbiamo realizzato che, andando avanti, avremmo corso il rischio di trovarci in grossa difficoltà in caso di pioggia (il terreno è già infido se asciutto…) o in grave pericolo in caso di temporale, su una cresta affilata senza possibilità di riparo o veloce ripiego.

Pertanto senza indugio abbiamo iniziato a scendere per il canale dell’andata. A metà strada il rumore della pioggia sugli alberi del M. Contrario ha annunciato l’imminente peggioramento, che ci ha colto poco prima della rientranza della parete del Pizzo Altare.

Al riparo della parete aggettante, ci siamo sistemati per attendere la fine della pioggia, ma invece di durare poco il fenomeno si è intensificato assai (con corredo di tuoni, fulmini, grandine e colpi di vento gelato). Con nostra meraviglia e sgomento il bonevole canale erboso si è trasformato in un batter d'occhio in un torrente impetuoso e invalicabile. La furia delle acque trascinava con sé anche dei bei sassi. Da buon ingegnere ho detto a Giuseppe: " Siamo a rischio idraulico! ".

Allontanati da noi tutti gli oggetti metallici (la solita ferraglia, ma anche occhiali e orologi), ci siamo accovacciati seduti sulla corda in attesa degli eventi. Il livello dell'acqua saliva e scendeva con una velocità impressionante, seguendo fedelmente l'intensità degli scrosci di pioggia.

Dopo 2 ore e 30' di attesa, sembrava che tutto finisse: qualche raggio di sole (che metteva in risalto le montagne ricoperte dalla grandine: Passo delle Pecore, Forbice, Grondìlice, Cresta Garnerone), un fulmine ritardatario caduto a qualche centinaia di metri da noi, in mezzo alla valle, il livello del torrente quasi nullo, la pioggia meno insistente anche se sempre presente.

Il fatto è che si sono sentiti altri tuoni in avvicinamento! In questo momento di apparente stasi Giuseppe ha sentito una vocina che gli suggeriva di andar via, e così abbiamo fatto. Via subito dal canale, dragato dalle acque, e giù per il (ahimè viscido!) sentiero n° 178. Altri tuoni, altri lampi (uno, orizzontale, ha accarezzato le creste sopra di noi), spettacolo invero affascinante ma anche rischioso. Incuranti della pioggia e della grandine che ormai ricopriva il terreno con uno spessore variabile dai 5 ai 15 cm, siamo scesi per il sentiero dell'andata (n° 178).

Sentiero apuano, naturalmente. Infatti abbiamo sbagliato via 4 - 5 volte a testa, deviando dalla giusta via per pochi metri, a causa della visibilità scarsa, della fretta, della condensa sugli occhiali. I (pochi) segni nel bosco, su terreno accidentato, hanno aiutato. Ma di aiuto è stata soprattutto la memoria che durante la salita ha registrato molti punti caratteristici (il grande faggio, il posto dei funghi, i mirtilli...).

Bagnati fino alle ossa infine siamo giunti di nuovo alla fedele autovettura, non senza aver notato con meraviglia ma anche qualche brivido i segni che la piena del ruscello (di nuovo quasi asciutto!) aveva lasciato poco prima.

 


 

01 - Ricovero naturale nei pressi del sentiero 178.jpg 02 - M. Contrario dalle pendici del Pizzo Altare.jpg 03 - M. Cavallo, cima Settentrionale, dalle pendici del Pizzo Altare.jpg 04 - Imperversa la tempesta.jpg 05 - Inizia a scorrere acqua nel canale.jpg 06 - Da buon ingegnere, Mirto inizia a temere di essere a rischio idraulico.jpg 07 - Cascatelle d'acqua scendono dal Pizzo Altare.jpg 08 - Un velo di grandine ricopre le montagne.jpg 09 - Mucchietto di grandine accumulato dall'acqua.jpg 10 - In attesa del momento propizio per fuggire a valle.jpg 11 - Giuseppe controlla il canale un'altra volta e decide che bisogna scendere ora.jpg 12 - La parete del Pizzo Altare sgronda ancora.jpg Mappa_Pizzo_Altare__tentativo_.jpg